La statua dell’eroe albanese Skanderbeg a Tirana. Non fu mai sconfitto dai turchi

Giorgio Castriota, detto Skanderbeg, sconfisse una dopo l’altra le armate che i sultani gli mandavano contro

Gli Ottomani si erano affacciati alla ribalta della Storia nel primo quarto del XIV secolo quando il fondatore della dinastia, Osman I, ingrandì il suo piccolo principato all’interno dell’Anatolia, nella regione tra Angora e Bursa (le antiche Bitinia e Galazia).

In un quadro dell’800 l’assedio turco della città allora ungherese
di Belgrado (1456):

Il figlio Orhan, succedutogli nel 1326, in poco più di un decennio estese i suoi domini sino al Mar di Marmara. Da lì il passaggio in Europa fu solo una questione di tempo. Un secolo, anzi, qualcosa di più: tanto ci hanno messo gli ottomani a impossessarsi dei Balcani da quando i turchi misero piede sulla sponda europea del Bosforo a quando ultimarono la conquista della Serbia  ed ebbero definitivamente ragione dell’osso più duro di tutti: l’Albania (1479).

 Nel settembre del 1371 ad abbassare la testa fu il despota di Serbia, Vukašin, sconfitto sul fiume Maritsa, l’attuale Evros, in Bulgaria. Poi toccò a Macedonia e Grecia che diventarono vassalle degli Ottomani i quali iniziarono anche a penetrare in Albania abbattendo le signorie dei feudatari che si diedero alla fuga: alcuni di loro si rifugiarono a Roma, presso il papa, ma non Giovanni Castriota (1405-1468), signore di Croia (l’odierna Krujë). Questi preferì infatti rimanere, pagare un tributo al sultano e mandare i figli in ostaggio presso la corte ottomana. Due di loro furono uccisi, uno fuggì e si fece monaco, Giorgio combattè per i turchi e divenne esperto di armi e strategie militari. In seguito, con il nome di Skanderbeg, sarebbe diventato eroe dell’indipendenza albanese.

Con le invasioni turche caddero dopo Costantinopoli, Serbia, Bosnia, Bulgaria e Ungheria  mentre per l’Albania le cose andarono diversamente. Fra il 1444 e il 1452 Giorgio Castriota, detto Skanderbeg, sconfisse una dopo l’altra le armate che i sultani gli mandavano contro. Nobile anche nell’aspetto – forte, bello, altissimo tanto da svettare in battaglia in mezzo ai suoi uomini – era cresciuto ottomano, ma poi si era ribellato, aveva abbracciato la fede cristiana e occupato la citta di Croia, dove non sarebbe mai stato stato sconfitto. Si alleo prima con i veneziani e poi con i napoletani, diventando amico personale di Ferdinando d’Aragona, re di Napoli dal 1458 al 1494. Dopo innumerevoli sconfitte, il sultano stanco di mandare i suoi uomini al macello, firmo un armistizio nel 1461 e lo riconobbe principe di Albania e di Epiro. In quello stesso anno, pero, gli Angioini minacciarono gli Aragonesi e papa Pio II chiese a Giorgio Castriota di venire in Italia per aiutare il sovrano napoletano.

Nell’agosto 1462 a Orsara, in Puglia, le truppe albanesi giocarono un ruolo fondamentale nella vittoria aragonese. Re Ferdinando entrò a Napoli con Skanderbeg al suo fianco. Costretto a rientrare precipitosamente in patria, respinse l’ennesima minaccia ottomana. Nulla a confronto dei 150mila uomini alla cui testa si mise nel 1466 Maometto II in persona per assediare Croia. Comunque respinti. Skanderbeg mori, mai sconfitto, due anni dopo e Maometto II combatte ancora per undici anni prima di sottomettere l’intera Albania.In segno di gratitudine per il suo aiuto nella guerra contro Giovanni d’Angiò, Ferdinando I permise agli albanesi di stabilirsi in Italia, fondando o ripopolando diverse comunità, specialmente nel sud Italia, come in Puglia, Basilicata, Molise, Calabria e Sicilia.

Monumento della Memoria a Farneta, foto autore

Umberto Palazzo

Capo Servizio Gazeta Arbereshe

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *